Pagina:Storia della letteratura italiana I.djvu/467

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sofia della storia, la scienza nuova. La scienza della natura si sviluppa più tardi. Non si crede più al miracolo, ma si crede ancora all’astrologia. Attendete ancora un poco, e il concetto del Machiavelli applicato alla natura vi darà Galileo e l’illustre coorte dei naturalisti.

Non è il caso di disputare sulla verità o falsità delle dottrine. Non fo una storia e meno un trattato di filosofia. Scrivo la storia delle lettere. Ed è mio obbligo notare ciò che si move nel pensiero italiano; perchè quello solo è vivo nella letteratura che è vivo nella coscienza.

Da quel concetto esce non solo la scienza moderna, ma anche la prosa. Come nella scienza ci aveva ancora molta parte l’immaginazione, la fede, il sentimento; così nella prosa erano penetrati elementi etici, rettorici, poetici, chiusi in quella forma convenzionale boccaccevole, che dicevasi forma letteraria, ed era già divenuta maniera, un vero meccanismo. Ma il Machiavelli spezza questo involucro, e crea il modello ideale della prosa, tutta cose e intelletto, sottratta possibilmente all’influsso dell’immaginazione o del sentimento, di una struttura solida sotto un’apparente sprezzatura.

E da quel concetto dovea uscire anche un nuovo criterio della vita, e perciò dell’arte. L’uomo e la natura hanno nel medio evo la loro base fuori di sè, nell’altra vita; le loro forze motrici sono personificate sotto nome di universali ed hanno un’esistenza separata. Questo concetto della vita genera la Divina Commedia. La macchina della storia è fuori della storia ed è detta la Provvidenza. Questa macchina è nel mondo boccaccesco il caso, la fortuna. Non ci è più la Provvidenza, e non ci è ancora la scienza. Il maraviglioso non è più detto miracolo, anzi del miracolo si fanno beffe; ma è detto intrigo, nodo, accidente straordinario. Le passioni, i caratteri, le idee non sono forze che regolano il mondo, sopraffatte da questo nuovo fato, la volubile e capricciosa