Pagina:Storia della letteratura italiana II.djvu/102

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lo straniero, a tutti puzzava il barbaro dominio, ma erano velleità. E si comprende come il Machiavelli miri principalmente a ristorare la tempra attaccando il male nella sua radice. Senza tempra, moralità, religione, libertà, virtù sono frasi. Al contrario, quando la tempra si rifà, si rifà tutto l’altro. E Machiavelli glorifica la tempra anche nel male. Innanzi a lui è più uomo Cesare Borgia, intelletto chiaro e animo fermo, ancorachè destituito d’ogni senso morale, che il buon Pier Soderini, cima di galantuomo, ma anima sciocca, che per la sua incapacità e la sua fiacchezza perdette la repubblica.

Ma, se in Italia la tempra era infiacchita, lo spirito era integro. Se da una parte Machiavelli poneva a base della vita l’essere uomo, iniziando l’età virile della forza intelligente, d’altra parte il motivo principale comico dello spirito italiano nella sua letteratura romanzesca era appunto la forza incoerente, cioè a dire indisciplinata e senza scopo. Il tipo cavalleresco, com’era concepito in Italia, era ridicolo per questo che si presentava all’immaginazione come un esercizio incomposto di una forza gigantesca senza serietà di scopo e di mezzi, la forza come forza, e tutta la forza nei fini più serii e più frivoli: ciò che rende così comici Morgante, Mandricardo, Fracasso.

Ci erano certo i fini cavallereschi, come la tutela delle donne, la difesa degli oppressi, ma che parevano a quel pubblico intelligente e scettico comici non altrimenti che quegli effetti straordinarii di forza corporale. Si può dire di quei cavalieri foggiati dallo spirito italiano quello che Doralice dicea a Mandricardo quando lo vedea intestato a fare per una spada e uno scudo quello avea fatto per impossessarsi di lei: non fu amore che ti mosse, fu naturale ferità di core. Lo spirito italiano adunque da una parte metteva in caricatura il medio evo come un giuoco disordinato di forze, e dall’altra gittava la base