Pagina:Storia della letteratura italiana II.djvu/121

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le sono: a quel modo che fa la plebe. Cacciar via dunque tutte le vane apparenze, e andare allo scopo con lucidità di mente e fermezza di volontà, questo è essere un uomo, aver la stoffa d’uomo. Quest’uomo può essere un tiranno o un cittadino, un uomo buono o un tristo. Ciò è fuori dell’argomento, è un altro aspetto dell’uomo. Ciò a che guarda Machiavelli, è di vedere se è un uomo; ciò a che mira, è rifare le radici alla pianta uomo in declinazione. In questa sua logica la virtù è il carattere o la tempra, e il vizio è l’incoerenza, la paura, l’oscillazione.

Si comprende che in questa generalità ci è lezioni per tutti, pe’ buoni e pe’ birbanti, e che lo stesso libro sembra agli uni il codice de’ tiranni, e agli altri il codice degli uomini liberi. Ciò che vi s’impara è di essere un uomo, come base di tutto il resto. Vi s’impara che la storia, come la natura, non è regolata dal caso, ma da forze intelligenti e calcolabili, fondate sulla concordanza dello scopo e de’ mezzi; e che l’uomo, come essere collettivo o individuo, non è degno di questo nome, se non sia anch’esso una forza intelligente, coerenza di scopo e di mezzi. Da questa base esce l’età virile del mondo, sottratta possibilmente all’influsso dell’immaginazione e delle passioni, con uno scopo chiaro e serio, e con mezzi precisi.

Questo è il concetto fondamentale, l’obbiettivo del Machiavelli. Ma non è principio astratto e ozioso: ci è un contenuto, che abbiamo già delineato ne’ tratti essenziali.

La serietà della vita terrestre, col suo istrumento, il lavoro, col suo obbiettivo, la patria, col suo principio, l’eguaglianza e la libertà, col suo vincolo morale, la nazione, col suo fattore, lo spirito o il pensiero umano, immutabile ed immortale, col suo organismo, lo stato, autonomo e indipendente, con la disciplina delle forze,