Pagina:Storia della letteratura italiana II.djvu/126

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ti torna. La regola della vita è l’interesse propio, il tuo particolare.

Il Guicciardini biasima l’ambizione, l’avarizia e la mollizie de’ preti e il dominio temporale ecclesiastico; ama Martino Lutero, per vedere ridurre questa caterva di scellerati a termini debiti, cioè a restare o senza vizi o senza autorità; ma per il suo particolare è necessitato amare la grandezza de’ pontefici e servire a’ preti e al dominio temporale. Vuole emendata la religione in molte parti; ma non ci si mescola, lui, non combatte con la religione, nè con le cose, che pare che dependono da Dio; perchè questo obbietto ha troppa forza nella mente delli sciocchi. Ama la gloria, e desidera di fare cose grandi ed eccelse, ma a patto che non sia con suo danno o incomodità. Ama la patria, e, se perisce, glie ne duole, non per lei, perchè così a essere, ma per sè, nato in tempi di tanta infelicità. È zelante del ben pubblico, ma non s’ingolfa tanto nello Stato da mettere in quello tutta la sua fortuna. Vuole la libertà, ma quando la sia perduta, non è bene fare mutazioni, perchè mutano i visi delle persone, non le cose, e non puoi fare fondamento sul populo, e quando la vada male, ti tocca la vita spregiata del fuoruscita. Miglior consiglio è portarsi in modo che quelli che governano non ti abbiano in sospetto e neppure ti pongano fra malcontenti. Quelli che altrimenti fanno, sono uomini leggieri. Molti, è vero, gridano libertà, ma in quasi tutti prepondera il rispetto dell’interesse suo. Essendo il mondo fatto così, hai a pigliare il mondo com’è, e condurti di guisa che non te ne venga danno, anzi la maggiore comodità possibile. Così fanno gli uomini savii.

La corruttela italiana era appunto in questo, che la coscienza era vuota, e mancava ogni degno scopo alla vita. Machiavelli ti addita in fondo al cammino della