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pena abbozzati, e quasi semplice occasione a monologhi e capitoli, dove paion fuori i sentimenti dei personaggi misti alla narrazione. Di tal genere erano anche le egloghe, o commedie pastorali, iniziate fin dai tempi del Boiardo nella corte di Ferrara, e giunte allora a una certa perfezione d’intreccio e di meccanismo nel Sacrificio del Beccari, nell’Aretusa del Lollio e nello Sfortunato dell’Argenti. Queste egloghe, che dalla semplicità omerica e virgiliana erano state condotte fino ad un serio sviluppo drammatico, furono dette senza più favole boscherecce, e anche commedie pastorali.
L’Aminta è un’azione fuori del teatro, narrata da testimoni o da partecipi con le impressioni e le passioni in loro suscitate. L’interesse è tutto nella narrazione sviluppata liricamente, e intramessa di Cori, il cui concetto è l’apoteosi della vita pastorale e dell’amore: s’ei piace, ei lice. Il motivo è lirico, sviluppo di sentimenti idillici, anzi che di carattere e di avvenimenti. Abbondano descrizioni vivaci, soliloquii, comparazioni, sentenze, movimenti appassionati. Vi penetra una mollezza musicale, piena di grazia e delicatezza, che rende voluttuosa anche la lacrima. Semplicità molta è nell’ordito, e anche nello stile, che senza perder di eleganza guadagna di naturalezza con una sprezzatura che pare negligenza ed è artificio finissimo. Ed è perciò semplicità meccanica e manifatturata, che dà un’apparenza pastorale a un mondo tutto vezzi e tutto concetti. È un mondo raffinato, e la stessa semplicità è un raffinamento. Ai contemporanei parve un miracolo di perfezione, e certo non ci è opera d’arte così finamente lavorata.
Tentò il Tasso anche la tragedia classica, e ad imitazione di Edipo re scrisse il suo Torrismondo. Ma l’Italia non aveva più la forza di produrre nè l’eroico, nè il tragico, e lì non ci è di vivo, se non quello solo di vivo che era nel poeta e nel tempo, l’elemento ele-