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buti o primalità, la potenza, la sapienza e la bontà, della quale segno esteriore è la bellezza. Tale era la Natura nell’età dell’oro, e tale ritornerà:

     Se fu nel mondo l’aurea età felice,
Ben essere potrà più che una volta;
Chè si ravviva ogni cosa sepolta,
Tornando il giro ov’ebbe la radice.
     Se in fatti di mio e tuo sia il mondo privo
Nell’util, nel giocondo e nell’onesto,
Cangiarsi in paradiso il veggo e scrivo;
     E il cieco amore in occhiuto e modesto,
L’astuzia ed ignoranza in saper vivo,
E in fratellanza l’imperio funesto.

Base dell’età dell’oro è la fratellanza e uguaglianza umana, l’amor comune sostituito all’amor proprio:

     Chi all’amor del comun padre ascende,
Tutti gli uomini stima per fratelli,
E con Dio di lor beni gioia prende.
     Buon Francesco, che i pesci anche e gli uccelli
Frati appella; oh beato chi ciò intende!

È ciò che direbbesi oggi democrazia cristiana, un ritorno alla chiesa primitiva di Lino e di Calisto, a’ puri tempi evangelici, vagheggiati da Dante e da Campanella, quando si mangiava in carità, e non ci era ricco nè povero, non mio e tuo. Avvezzo a guardare le cose nella loro origine e non nella loro degenerazione, il sogno di Campanella è che il mondo nel suo giro torni là ov’ebbe radice. Il progresso è la ristaurazione del buon tempo antico. Bruno spregia l’età dell’oro, stato d’innocenza, alla quale contrappone la virtù. Innocenza è ignoranza, virtù è sapienza. Ed è sapienza non infusa e comunicata dal di fuori, ma prodotto della libera attività individuale. In questo sistema la libertà è sostanziale; l’ideale è il progresso per mezzo della libertà. In questi due grandi