Pagina:Storia della letteratura italiana II.djvu/351

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già iure apostolico, come dice san Bernardo: nec enim ille tibi dare, quod non habebat, potuit.

Questo quadro della Chiesa primitiva accompagnato con tali riscontri ti dà come in iscorcio tutto il processo della storia. La lotta tra le leggi canoniche e le civili è come il centro di un vasto ordito, che abbraccia tutta la storia della legislazione, illuminata dalla storia de’ governi e delle mutazioni politiche. Vico e Giannone erano contemporanei. Giannone era di otto anni più giovane. Ma non parlano l’uno dell’altro, come non si conoscessero. Pure lavoravano su di un fondo comune, le leggi, e riuscivano per diversa via alle stesse conclusioni. L’uno era il filosofo, l’altro lo storico del mondo civile. Tutti e due avvocati mediocri, profondi giureconsulti. Vico si tenea alto nelle sue speculazioni filosofiche e nelle sue origini, e non scendeva in mezzo agl’interessi e alle passioni, e passò inosservato. Ma grandissima fu la fama e l’influenza dell’altro, perchè scende nelle quistioni più delicate di quel tempo, ed è scrittore militante animato dallo stesso spirito de’ combattenti. Parla ardito, e già con quel motteggio, che era proprio del secolo, sente dietro di sè tutta la sua classe, e tutti gli uomini colti. La persecuzione fece di lui un eroe, lo confermò nella sua via, lo spinse fino al triregno, la più radicale negazione del papato e dello spiritualismo religioso, a volerne giudicare da’ sunti. Il manoscritto fu seppellito negli archivi dell’inquisizione. Il suo motto era: bisogna demolire il regno celeste. Non gli basta più la polizia ecclesiastica; vuole colpire il papato nella sua radice, rompendo il legame che stringe gli uomini al cielo. Fa perciò una storia del regno celeste, come prima avea fatto una storia delle leggi ecclesiastiche; e come questa è il centro di un quadro più vasto, quella è il centro di un quadro che abbraccia tutta l’umanità. Mostrare i dogmi nella loro