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lità. Le sue imprecazioni contro le donne, la sua credulità e sciocchezza nel fatto d’Isabella, la sua comica lotta col pazzo Orlando, la sua scurrilità e grossolanità verso Bradamante sono tratti felicissimi, che mettono in evidenza il cavaliere errante nel suo aspetto comico, materia gigantesca vuota di senno, grossolana e bestiale. Il contrapposto è Ruggiero, di virtù fonte, nel quale il poeta ha voluto rappresentare la parte seria ed eroica del cavaliere, leale, gentile, magnanimo. Nella sua concezione ci entra un pò l’Achille omerico, un pò Damone e Pizia, Quinzio e Flaminio, collisioni tra l’onore, e l’amore, tra l’amore e l’amicizia, da cui escono molti effetti drammatici. Ma chi ha studiato un pò Ludovico, come si dipinge egli medesimo, vede che l’uomo è al di sotto del poeta, nè in lui ci è la stoffa, da cui escono le grandi figure eroiche, nè ci è nel suo tempo. Manca al suo eroe prediletto semplicità e naturalezza; l’eroico va digradando nel fantastico e nell’idillico. Perciò il suo Ruggiero non ha potuto togliere il posto a Orlando e Rinaldo, gli eroi dell’antica cavalleria, e malgrado le sue simpatie pel fondatore di casa d’Este, l’interesse è assai più per Orlando e Rodomonte, creazioni geniali e originali.
L’ironia è non solo nella concezione fondamentale del poema, ma negli accessorii cavallereschi. L’amore di Orlando verso Angelica è stato perfettamente cavalleresco, sì che avendola per molto tempo in sua mano, non le ha tolto l’onore, almeno secondo che Angelica ne assicura Sacripante, il quale dal canto suo non vuole essere così sciocco. Doralice piange la morte di Mandricardo; ma, se non fosse vergogna, andrebbe forse a stringer la mano a Ruggiero:
Io dico forse, non ch’io ve l’accerti,
Ma potrebbe esser stato di leggieri.