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A quest’ode pindarica del Farini aggiungeremo qualche parola del nostro, e diremo del Rossi prima, dell’ Inghilterra dopo.

Incominciando dunque a discorrere del Rossi, converremo che fa bene il Farini, uomo del giusto mezzo, di esaltare in lui uno de’ suoi campioni.

Quanto a noi, mentre lodiamo e chiniamo il capo al profondo scrittore e cattedratico di diritto penale e di economia politica, Pellegrino Rossi, non siam di quelli che videro nel medesimo quasi un martire del papato; ma sì bene un abile, astuto, ambizioso legislatore, che lusingavasi di conciliare papato e costituzione, religione apparente e libertà reale, trionfo degl’interessi materiali e intronizzamento del Dio Oro, poco importa se basato sullo scadimento morale di cui facevasi addebito al suo protettore Luigi Filippo. Noi in una parola che lo conoscemmo da vicino e ne ammirammo l’ingegno, siamo ben lungi dallo ammirare la sua politica. Abbiam presente il suo manifesto dell’aprile 1815 ai popoli delle Romagne per farli insorgere; conosciamo i suoi facili passaggi dall’una all’altra cittadinanza in guisa da renderlo piuttosto cosmopolitico che italiano; non ignoriamo la lettera che nell’anno 1845 gli diresse a nome dei cattolici di Francia il conte Regnon, in cui qualificavalo da vecchio carbonaro; rammentiamo le sue negoziazioni anti-gesuitiche, ed i suoi progetti per decurtare i mezzi del clero nello stato pontificio. Il Rossi adunque, secondo noi, con astuzia volpina, e con freddezza di vecchio diplomatico, tarpar voleva con bel garbo le ali al papato, mentre i rivoluzionari puro sangue volevan strappargliele a forza, ed a prezzo di dolorosa e cruenta lacerazione. Ma del Rossi e delle sue gesta avremo occasione di parlare anche più diffusamente in seguito.

Riportando ora la nostra attenzione sull’Inghilterra e alla lettera di lord Palmerston a lord Minto circa il modo di condursi col Santo Padre, diremo che, a parte la incon-