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Nè per ciò è da stupire; imperocchè la questione svizzera ed il trionfo dei radicali colà essendo cosa di grave momento per la rivoluzione italiana, il far reticenze o astenersi dii commenti su ciò che avesse potuto, non che vulnerarla ottenebrarla soltanto, esser doveva pe’ suoi fautori una politica necessità.

La guerra ai Gesuiti, al cattolicismo, ed all’ordine di cose esistente in Italia, aveva nella Svizzera il fomite, la sede, ed il centro direttore. Di là traevansi la ispirazioni, di là i consigli, di là gli emissari, e colà stampavansi e divulgavansi tanti scritti che tuttavia ci rimangono, e che portan le date di Capolago, di Losanna, e di Lugano.

Dissero alcuni allora che non conveniva al papa di mostrarsi in quei momenti apertamente tenero pel Sonderbund, conoscendo bene che tutte le potenze, meno l’Inghilterra, erano avverse ai radicali svizzeri, e sapendo inoltre che quello stesso lord Minto ch’era stato colà per incoraggiare i rivoluzionari, trovavasi in Roma appunto quando gli sconci di cui parlammo accadevano. Il Santo Padre però ikui mancò al suo dovere parlandone nel concistoro del 17 e vituperando come convenivasi quegli atti riprovevolissimi, il che potrà leggersi nel capitolo seguente.

Fra le dimostrazioni funebri annovereremo quella ch’ebbe luogo il 5 dicembre per la morte avvenuta il 4 dell’avvocato Antonio Silvani consultore per Bologna, ed uno dei più chiari giureconsulti, chiamato in Roma dal Santo Padre per la riforma dei codici.

Mosse la pompa, che riuscì imponentissima, dal suo domicilio, e recossi alla chiesa degli Orfanelli. Ne seguivano il feretro, oltre i membri del circolo romano1 la guardia civica, i consultori di stato, la romana curia, gli universitari, i giornalisti, il senatore principe Corsini,

  1. Vedi il Diario di Roma del 7 decembre 1847. — il Contemporaneo di detto giorno n. 10. — il Mondo illustrato pag. 821. — Dacamentì vol. III n. 125 e 125 A.