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Pagina:Storia della rivoluzione di Roma (vol. I).djvu/440

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vittoria di Balilla, riportata sugli Austriaci in Genova il 5 decembre 1746.[1]

Lo stesso giorno però in Genova facevasi con pompa maggiore la stessa dimostrazione, secondo che ci racconta il Ranalli.[2]

Volgeva l’anno 1847 verso il suo termine, ed era quell’anno nel quale sembrava che Roma avesse raggiunto la meta dei suoi desideri, e fosse l’oggetto dell’invidia e dell’ammirazione di tutto il mondo.

A giudicar difatti da quel tuono di festa costante in che versavasi e che aveale fatto perdere del tutto la sua natural fisonomia, dalle continue dimostrazioni di gioia o di ringraziamento, dai banchetti, dalle musiche, dalle poesie, dalle luminarie (di cui tante ne abbiam memorate), ci pareva che Roma fosse all’apice delle sue beatitudini, e che vi regnassero il rispetto e l’amore scambievole fra sovrano e popolo.

Sarebbesi dovuto credere inoltre che, inauguratosi il regno di un’equa libertà, fossero state rispettate per prima cosa la vita, l’onore, o la libertà personale di tutti, e che il governo nei suoi atti, ed i cittadini nelle loro azioni goduto avessero della loro più illimitata indipendenza. E pure tutt’altro era il vero stato di Roma.

Si rammentino i nostri lettori quanti inconvenienti accaddero nei pochi mesi decorsi dal maggio al decembre dell’anno 1847, ed in

1.° luogo — Le improntitudini degli esorbitanti per il tentato allontanamento del Dragonetti.

2.° — La invenzione della congiura nel luglio per aver le armi nelle mani e rovesciare la polizia esistente; dal che seguirono la costernazione della città intera, le liste di proscrizione, le diffamazioni, gli arresti, le fughe, e gli spaventi.

  1. Vedi la Pallade dell’11, terza pagina.
  2. Vedi Ranalli vol. I. pag. 394. — il Corriere livornese dei 14 e 21.