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CAPITOLO I.

[Anno 1846]


Impressione prodotta in Roma dalla morte di Gregorio XVI. — Notizie sul di lui carattere, meriti, e dottrina. — Considerazioni sopra i suoi atti. — Spirito pubblico in quel tempo. — Varie categorie del liberalismo italiano.


Passato a miglior vita il 1 di giugno dell’anno 1846 il pontefice Gregorio XVI, il popolo romano era in grandissima sollecitudine per la elezione del novello successore.

Non era spento è vero nei Romani l’amore verso i papi, nè l’ossequio e la venerazione verso il papato. Tuttavia gli ultimi periodi della vita di Gregorio XVI non andarono esenti da un certo indifferentismo, provocato in parte dalle artificiose e malevoli insinuazioni di uomini perversi, in parte da quel mostrarsi poco accessibile, per non dire diffidente inverso i suoi sudditi, di che si ebbe a riprendere massime in sugli ultimi del suo pontificato.

Oltre a ciò gli stranieri incitamenti e le opere di ogni fatta provocatrici a nuove riforme, le quali in appresso enumereremo, rattiepidirono siffattamente l’affetto in quella parte dei Romani più colta e più influente per rapporti, che la morte del pontefice fu per essa poco sentita e meno lamentata. Anzi per fare mostra delle poche simpatie che si nutrivano verso il suo cessato governo, parecchi scritti si propalarono, ove, con acerbe parole e papa e cardinali e governo aspramente si censuravano, tendenti tutti a diffamare l’antico sistema gregoriano.

E questi scritti partivano senza dubbio da nomini avversi per principio al papato; molti de’ quali, anzi la maggior parte, erano estranei del tutto a Roma. Non sì può