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dell’avvocato Galletti, e che ebbe vari carichi importanti sotto la repubblica romana, e nel medesimo battaglione vedemmo darsi più tardi quell’ufficio ad un tal Ceccarelli, quello stesso che attentò dopo la restaurazione del 1849 alla vita del cardinal Vannicelli.

Siccome però nella narrazione delle cose occorse è dovere di dir la verità allo scrupolo, così direm pure che quell’entusiasmo che mancò nel principio in favore della guardia civica, si svolse e crebbe a poco a poco in seguito, e giunse fino al delirio. Sebbene quest’entusiasmo a dire il vero non fu tutto come di cosa politica, ma piuttosto come di un sorprendente spettacolo, il quale attirava tanto gli sguardi della gioventù, massime del sesso gentile al quale piaceva molto il veder tanti giovani figurare colle assise militari.

Se fosser rimasti i così detti cappelletti del 1831 pel semplice buon ordine interno, si creda pure che niuno sarebbesi rivolto ai quartieri civici per osservare i militi che facevan di se bella mostra.

Ben altra cosa fu il veder vestita militarmente di buon gusto tanta gioventù, desiderosa di comparir degna delle simpatie del bel sesso. Quindi s’introdusse in tutti un desiderio di addestrarsi nelle armi, e di ben comporsi nella figura onde non esser soggetto dell’altrui risa.

Laonde il sapere che tutti o sposi o figli o fratelli eran nei quartieri, attraeva colà uomini e donne di qualunque età per osservarli; e ciò servì magnificamente per eccitar la emulazione, e far della civica una cosa nazionale e di moda. Guai allora il non mostrarsene amico; la Pallade era là per punzecchiar co’ suoi scherzi, e a niuno piaceva di esserne fatto l’oggetto. In una parola o per forza o di buona voglia conveniva far la guardia, e dovendola fare, quasi tutti rassegnaronsi ad adempiere il loro dovere nel modo migliore che potessero.

E dovrem dire a lode del vero che nella generalità, sia per lo spìrito che dominò la maggior parte dei militi in su i