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promesse del non intervento, macchia indelebile del mal fermo, astuto, inqualificabile governo di Luigi Filippo in quei tempi.

E dove pure alcuno avesse voluto persuadersi che siffatti sconvolgimenti fosser suscitati dalle imprudenti parole del generale Sebastiani e dalle mene sovversive dei Lafitte e dei Lafajette, quasi ch’esse ne fossero stata la causa esclusivamente impellente, dovette convincersi del contrario, allorquando, e per gli attentati del 1843 nel bolognese, e per la scoperta cospirazione del Galletti nel 1844, e pel tentativo di Rimini del 1845, venne chiarito ch’esisteva costantemente in azione un partito nelle Romagne il quale desiderava assolutamente di rovesciare il governo clericale.

Se dunque lo spettro terribile della rivoluzione turbava i sonni di Gregorio XVI, ed eccitava le sue cure a combatterla con tutti i mezzi ch’erano in suo potere, area ben ragione di farlo, perchè colle rivolture del 1831, accadute sin dai primordi del suo pontificato, erasegli porta una prova troppo incontrastabile che non al papa rompevasi guerra, sibbene al papato.

Non eran dunque irragionevoli i suoi sospetti, non riprovevoli i suoi atti, non mal fondata la sua sfiducia. Stava cogli occhi forse troppo aperti. Bel difetto in chi è destinato dalla Provvidenza a reggere le sorti dei popoli.

Del resto dottissimo uomo egli era, e sopratutto nelle discipline ecclesiastiche, di che fa fede l’opera che pubblicò sul trionfo della Santa Sede.1

Per amatore intelligente delle belle arti e dotto in archelogia tutti lo conobbero, e ne dette prova luminosa coll’avere arricchito il museo vaticano di un museo etrusco, e di uno egiziano. Migliorò con apposito regolamento il codice dei delitti e delle pene, ordinò la stampa annuale

  1. Vedi il Trionfo della Santa Sede per Don Mauro Cappellari, pubblicata nel 1799, e ristampata dal Battaggia in Venezia nel 1832 in un grosso vol. in-4.