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ser fatte violenze, affronti, offese alle proprietà. Si disse perfino che fosser sul punto di sospendere i pagamenti. Ciò non verifìcossi è vero, ma lo si credette per un momento; e questo bastò per accrescere la perturbazione degli animi. Ma se resisterono i Rothschild, crollaron le case dei Thurneyssen e compagni, dei Baudon e compagni, dei Lafitte, Blount e compagni, di de la Hante, di d’Eichthal, ed altre di minor conto. E se i Rothschild di Parigi stetter saldi contro agli urti tremendi di una situazione spaventevole, la loro casa di Napoli venne restringendo quasi al nulla i suoi affari. E in allora si vide cosa che mai per lo innanzi non erasi veduta. Le case tutte di Parigi dichiararono che avrebber pagato le cambiali finchè avessero avuto un soldo in cassa, ma si sarebbero astenute dal porvi la loro accettazione in antecedenza.

Le famiglie agiate in quel tempo o chiudevano casa, o fuggivan da Parigi. I fabbricanti per mancanza di lavoro dimettevano i lavoranti, le crestaie rimandavano a casa le loro ragazze. L’oro e l’argento sparivano dalla circolazione; la banca era tormentata da mane a sera pel cambio dei biglietti in contante: e il governo per riparare a quest’inconvenienti, ne adottava uno peggiore quale si era quello d’interdire con una legge la esportazione del numerario. Tutte queste beatitudini erano l’effetto della repubblica francese una e indivisibile.

Il Journal des dèbats del 30 di marzo spaventato da ciò che svolgevasi sotto i suoi occhi, diceva: «ch’era un fracasso di avvenimenti che scoppiavan da tutte le parti, uno scotimento universale che aveva sorpreso il mondo colla istantaneità del terremoto.»

Questa era la vera situazione d’Europa. Ma non si creda già che i popoli la conoscessero nei suo vero aspetto, e nè avessero esatte informazioni, perchè ai guai reali, che non eran pochi, si aggiungevano ancora gli esagerati e i falsi del tutto, che uomini perversi si compiacevano d’inventare e propalare e in voce e in iscritto. E siccome