Pagina:Storia della rivoluzione di Roma (vol. II).djvu/256

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per comun bene, e di dare ai laici adito a tutte le cariche riguardanti sì la pubblica amministrazione, sì l’ordine giudiziario; e questi due ultimi capi specialmente si proponevano come vitali principi del governare. In altre note poi de’rappresentanti medesimi proponevasi di concedere più ampio perdono a tutti, o quasi a tutti coloro che avevan defezionato dal proprio sovrano negli stati della Chiesa.

» Niuno ignora che alcune di queste cose furon mandate ad esecuzione dal nostro predecessore Gregorio XVI di sa: me: ed alcune furono inoltre promesse negli editti per di lui comando pubblicati nello stesso anno 1831. Ma siffatti benefici di quel pontefice si ravvisarono non corrispondere del tutto ai desideri de’ principi, e non essere bastevoli a consolidare il pubblico vantaggio e la tranquillità in tutto lo stato temporale della Santa Sede.

» Il perchè noi, appena per imperscrutabile decreto della Provvidenza fummo a lui surrogati, mossi al certo non già da alcuna esortazione o consiglio, ma bensì da particolare amore pei nostri sudditi concedemmo più largo perdono a coloro che avevano mancato alla dovuta fedeltà verso il pontificio governo, e quindi fummo solleciti di prendere varie disposizioni che giudicavamo conducenti alla prosperità de’ nostri sudditi. E tutto ciò che operammo ne’ primordi medesimi del nostro pontificato consente appieno a quel che i principi d’Europa avovan pure vivamente desiderato. .

» Ora dappoichè col divino aiuto portammo a fine i concepiti disegni, tanto i nostri, quanto i vicini popoli si videro talmente tripudiare di gioia e porgere a noi tali pubblici segni di congratulazione e di ossequio, che dovemmo durar fatica per richiamare in questa stessa città a giusti limiti i clamori, i plausi, e le popolaci adunanze.

» Di più sono a tutti noti, o venerabili fratelli, le parole della nostra allocuzione a voi pronunciata nel dì 4 ot-