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cadere nelle mani nemiche, non come soldati regolari, sì bene come assassini o pirati sarebbero stati trattati. Questi pensieri e i lamenti e i pianti che emanavano in ispecie dal dolor materno, mescevansi alle grida disperate e alle imprecazioni di animi esacerbati. Non mancavan perfino di quelli che ad accrescerne l’acerbo dolore, e a disfogar l’odio loro verso il pontefice, andavano insinuando essere stato tutto ciò un tradimento del papa; quasi che per liberarsi da quei giovani di uri troppo caldo sentire, e di spiriti turbolenti animati, li avesse deliberatamente mandati al macello. Inorridiamo a scrivere di queste iniquità, ma vi ci spinge il dovere di storico. Intanto molti di questi parenti e le madri stesse nello sfogo dei dolore e dell’ira, e per l’amore sviscerato che nutrivano pe’ loro figli, al sovrano, al pontefice, alla Chiesa, alla religione, rabbiosamente imprecavano.

Questo fu forse uno dei più terribili episodi delle nostre comuni vicende: perchè quelle voci, quelle grida e quelle imprecazioni furon vere pur troppo, siccome emananti dal sentimento più forte dell’umana natura, l’amor materno.

Abbiamo voluto premettere queste considerazioni affinchè pennelleggiando dopo, quantunque con tratti inesperti, lo spirito pubblica di que’ giorni tristissimi, meglio possano apprezzarsi le cause dei commovimenti che successero alla promulgazione dell’atto famoso del 29 aprile, e che segnalarono una dell’epoche più terribili e più copiose di avvenimenti per la nostra città.

Ma se tante grida si fecer contro il pontefice, che alla fin fine tenne quel linguaggio che solo doveva tenere, e perchè più giustamente non se ne fecero contro chi colle sue improntitudini ve lo spinse? Perchè non prendersela piuttosto contro coloro che pretendevan dal papa ciò che mai non avrebbe potuto accordare? Il mondo credeva, perchè lo si era indotto in errore, che il papa volesse la guerra contro l’Austria. Questa persuasione, fosse pure insussistente,