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separata dalle religiose, e potesse agire senza subordinazione all’autorità ecclesiastica. Finalmente dicevasi esser meglio perdere tutto, per il momento, di quello che derogare al principio della subordinazione della civile potestà alla autorità pontificia nelle cose di sua competenza.

Tutte queste considerazioni andavansi facendo, e molti concludevano col dire: vedremo, Dio voglia che la cosa finisca bene!

Aggiungi a tutto ciò che per quanto si dicesse che la scelta del Mamiani era stata spontanea, pure era un fatto incontestabile ch’egli era stato eletto primieramente dalla piazza e dai circoli, e quindi portare con se più l’impronta d’essere stato imposto al sovrano in un momento di prevalente anarchia, di quello che eletto dal papa liberamente e spontaneamente.

Queste cose tutti le conoscevano; e quantunque i più fra i Romani fosser novizi in politica, avevano però abbastanza buon senso per comprenderle da loro stessi.

Circa poi alla maggiorità dei deputati dei quali già conoscevasi là scelta, sebbene presentasse molti uomini d’idee temperate, pure la sola presenza dei Canino e degli Sterbini, d’indole entrambi irrequieta, ambiziosa ed operativa, induce va gravi timori, perchè dicevasi essi soli bastare per metter la confusione e lo scompiglio ove volevasi l’ordine, e quindi poco di buono potersi presagire pel regolare andamento delle cose.

Neppure sapevasi ripromettere alcun bene da una assemblea il cui primo campione, ch’era il conte Mamiani, si presentava irremovibilmente aderente a quel così detto programma ch’era la sua professione di fede politica, e che portava incarnato il principio di una guerra permanente all’Austria e di una coalizione con tutti i popoli insorti o insorgendi; mentre poi il pontefice, coll’atto solenne del 29 di aprile, respingeva la guerra e gl’ingrandimenti, rispettava i trattati esistenti, ed inculcava ai popoli la sottomissione a tutti i governi legittimi. Un sovrano