Pagina:Storia della rivoluzione di Roma (vol. II).djvu/361

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della rivoluzione di roma 355

e l’ordine interno parevano assai vacillanti, e in alcuna porzione già manomessi; quindi la libertà stessa nascente posta in gran repentaglio; quindi la causa italiana per indiretto modo offesa e messa in qualche pericolo. Impertanto il debito proprio e lo speciale ufficio del ministero, massime nella quasi imminenza dell’apertura de’ due Consigli, fu quello di restaurare l’ordine, ricondurre da per tutto la quiete; e ricomponendo le menti e gli animi forte commossi, disporli a quella posatezza ed equanimità, ch’è oltremodo necessaria a fornire la patria di buone leggi, e di sapienti istituti. Dio ha favorito l’opera nostra; e questo popolo generoso, ancor ricordevole della gravità e moderanza de’ suoi antichi, è tornato in sì piena tranquillità e posatezza di spirito, che forse la maggiore non s’è veduta da poi che la voce soave di Pio IX chiamò Roma e l’Italia a nuovi e maravigliosi destini.»

»L’altr’opera principale, a cui c’invitava, ed anzi impriosamente ci commetteva l’universale opinione, si fu di aiutare per ogni guisa, con ogni sorta di mezzi, con qualunque sforzo e fatica possibile, la causa nazionale italiana. E in ciò non era facile a noi l’adoperarei meglio e più attivamente de’ nostri predecessori. Procedendo pertanto assai risolutamente sulle orme dr già segnate, io non istimo che ne’ pochi giorni del nostro governo noi non abbiamo mostrato, con la prova patente del fatto, le nostre chiare intenzioni, e che lo scopo non sia stato raggiunto, quanto pur si poteva in questa nostra provincia, e coi mezzi certo non abbondanti, di cui potevamo far uso.

»Non vi è poi nascosto, come obbedendo più spedalmente alla paterna sollecitudine di Sua Santità, noi poneramo le truppe nostre ed i volontari sotto la provvida tutela e il comando immediato di Carlo Alberto: serbando peraltro al pontefice e al suo governo tutte quelle prerogative e diritti, che la sicurezza e la dignità di lui e