Pagina:Storia della rivoluzione di Roma (vol. II).djvu/367

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durre chi poco ragiona, non sono certamente gli uomini di stato, i principali magistrati della nazione quelli che debbono lasciarsi trascinare: essi destinati fra gli urti degli estremi partiti a governarli col senno.

»Due fatti ci vanno principalmente insinuando il nostro pensiero, mormorati a bassa voce qui in Roma, ma fuori d’essa resi ormai pubblici persin colla stampa; l’essersi cioè compiti degli atti a nome del ministero senza che vi prendessero parte i due membri eeclesiastici che vi appartenevano, come a cagione d’esempio alcuni non sottoscritti dall’eminentissimo Vizzardelli, e l’indirizzo al pontefice in risposta alla lettera all’imperatore non conosciuto dal presidente del Consiglio.1

»Il secondo punto si è la divisione effettuata, o piuttosto abburrattata degli affari esteri secolareschi dagli eclesiastici; diciamo abburrattata, giacchè v’è chi afferma che quel ministro dei secolari non abbia sinora nè ministero nè subalterni, e che non si sa bene quanto sia riconosciuto per tale, o dal suo o dagli stranieri sovrani.»

A queste rivelazioni del Labaro seguono alcune considerazioni sulla incompatibilità o sconvenienza di cosiffatta separazione, che per brevità tralasciamo.2

Pubblicato questo articolo, trovavami in casa del ministro Marchetti, al quale professavo così sincerissima stima per le sue qualità personali, come obbligazioni per aver scritto a mia richiesta le parole della cantata in onore di Sua Santità, data la sera del 1° gennaio 1847 nella gran sala del Campidoglio. Gli tenni proposito dell’articolo del Labaro, e fui io stesso che dappresso la sua domanda gli porsi il numero quarantuno ov’era l’articolo. Ricordo pur anco che interpellato da me, asserimmi di trovarsi regolarmente al

  1. «Possiamo assicurare che nell’indirizzo del ministero presentato a Sua Santità in occasione della sua lettera all’imperatore d’Austria non fu apposta la sottoscrizione dell’eminentissimo Orioli allora presidente del Consiglio, nè gliene fu tampoco comunicato il contenuto.»
  2. Vedi il Labaro del 9 giugno 1848.