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tria era in pericolo; e mentre ne faceva l’apologia, proponeva di mandarla al sovrano. Prima però che terminasse il suo discorso, una parte dei tumultuanti era già entrata nel cortile del palazzo, vociferando in un modo allarmante. Le grida di armi armi furon sentite da tutti. Poco dopo, molti irruppero nella sala, alcuni deputati esterrefatti ne uscirono, ed il presidente del Consiglio, vedendo violato l’asilo sacro alla discussione delle leggi, copertosi il capo, dichiarò sciolta la seduta.

Torna allora in iscena il Canino, e parla di torbidi in città. A tale annunzio la Camera propose di chiamare il direttore di polizia Galletti, per dare schiarimenti sul vero stato delle cose.

Giunto il Galletti, fece sua possa per calmar la Camera ansiosa e trepidante, lodò la civica, lodò il popolo; accennò che fin dal giorno innanzi una parte della guardia civica avesse in animo di occupare il forte sant’Angelo e le porte della città. Disse che il fatto, considerato in genere, nulla aveva di cattivo, perchè le guardie civiche erano il palladio della nostra difesa. Se ne dimise il pensiero, ma essere risorto nella mattina attuale, ed essersi gridato: andiamo al forte sant’Angelo. Convenne il Galletti di aver conosciuto in antecedenza una parte del movimento; non averlo però impedito non credendolo pericoloso. Aver conosciuto pur anche l’indirizzo, ma averlo giudicato innocuo, perchè emanante da un’associazione il cui scopo era pacifico e legale. — Il discorso del Galletti in complesso sentiva di apologia, anzichè di disapprovazione della sommossa.

Lo scompiglio fu immenso. Il Farini, coerente sempre alla sua avversione per le dimostrazioni, qualificò ciò ch’erasi fatto d’illegalità e di morale violenza deturpatrice di libertà. Tutti gli uomini assennati furono della opinione del Farini. Mamiani andava gridando: noi moriremo al nostro posto.1


  1. Vedi la Pallade del 20 luglio 1848.