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Sono qeste due opere che, a detto di tutti, rifulgono per vastità di sapere e per lucidezza d’idee. Ed è inoltre a riflettere, che sulla lettura di dette opere, belle quali e sopra tutto nella prima difendonsi i sacri diritti della umanità, s’informò in gran parte lo spirito della gioventù italiana.

Egli è poi incontestabile che quest’uomo singolare riunisse ad un vasto sapere una giustezza di vedute straordinarie, e un sangue freddo vantaggiosissimo per timoneggiar gli affari. Tutte le quali cose ben di rado si accolgono in un solo individuo, ma nel Rossi tutte riunivansi sommamente.

Se non che, volendo essere imparziali, diremo che mancavagli per natura l’amabilità del tratto. Non già che egli non sapesse usare dell’amabilità a tempo e luogo, ma per progetto e per necessità di posizione, più o meno piegandola secondo l’esigenze della diplomazia. Vi si vedeva in somma quel non so che di calcolato e fittizio, ma non naturale e spontaneo. Era duro, orgoglioso, taciturno. Sentiva troppo di se, e mal sapeva dissimularlo. Non era espansivo, e non incoraggiava gli altri ad esserlo con lui. Era in somma quasi generalmente impopolare e antipatico; e questa non è piccola cosa.

Ciò è bene che noi diciamo, affinchè i nostri lettori sappiano tutto quello che era, e che in lode o in biasimo di cotant’uomo si disse. Nel crogiuolo del tempo poi, che tutto analizza e purifica, rinverrannosi un giorno gli elementi per più maturi giudizi.

A noi però sembra che il Rossi, oltre ai difetti sopraccitati, altro ne avesse, comune ancora al suo amico e protettore Guizot, ed è quel non conoscere abbastanza i tempi che correvano, navigando in un mare, e credendo di essere in un altro. Credevano in somma entrambi di passeggiare sul dorso di un vulcano, e non si avvedevano ch’eran già nel cratere. Entrambi avevano o ostentavano di avere troppa fidanza nei loro mezzi, più adatti forse