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Sventuratamente però rimarcossi dagli uomini che ricordavano quella di Pio VII contro Napoleone I, quanto i tempi fosser cambiati, sopratutto pel basso popolo, nelle cui menti pur troppo perniciosissime dottrine eransi traforate, e queste avevano alterato non poco l’antica fede, e l’attaccamento proverbiale alla Santa Sede: ma di ciò la colpa si deve in gran parte alla inerte polizia romana o ai suoi malfidi agenti, perchè erano anni e anni molti che lavoravasi a corrompere il basso popolo; e il governo che cosa faceva? Si ricordino i nostri lettori ciò che racconta il Montanelli sulla fratellanza popolana del Trastevere nel primo volume pagine 53 e 54 delle sue Memorie.

I tempi però che correvano eran peggiori assai di quelli del governo napoleonico, ed avevano incusso tale un terrore, che ognuno astenevasi dal far sopra la scomunica commento veruno il quale alla nota d’inutilità avrebbe aggiunto quella d’imprudenza. I tempi si differenziavano in questo, che sotto l’Impero non aveva a temersi che l’autorità legale soltanto, ma nel gennaio 1849 era a questa sostituita l’autorità della piazza e dei circoli, gli artifici delle sette, la paura del pugnale.

La sera del 7 dunque non vidersi che pochi giovinastri formanti un gruppo di venti o trenta persone al più, andare schiamazzando pel Corso. Talune copie dell’atto del pontefice venner depositate in luogo di disprezzo che è meglio tacere; ed il Don Pirlone consacrò al fatto abominevole una più abominevole vignetta, perchè il primo passò, e l’altra restava.1 Talune mostre de’ cappelli dei cardinali venner distaccate dalle officine de’ cappellari, portate derisoriamente in processione, e quindi, fra il baccante tripudio di poca ciurmaglia insensata, gittate con disprezzo nel Tevere a ponte Sisto.2


  1. Vedi il Don Pirlone dell’11 gennaio, n. 105.
  2. Vedi il Tribuno t n. 1, pag. 2. — Vedi il Costituzionale dell’8, e il Tempo dell’11.