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Il solo di questi tre sistemi pertanto, che a nostro avviso riunisca maggiori probabilità di successo, minori inconvenienti da produrre, e più lievi difficoltà da superare, ci sembra il federativo, in quanto che con esso soltanto concilierebbersi gli altrui diritti in un col rispetto necessario inevitabilmente per la unità cattolica, senza della quale sarebbe sogno il parlare dell’unità politica. Con esso in fine verrebbesi a preservare l’Italia da interminabili lotte, da gedosie infinite, da convulsioni sanguinose, a detrimento di quella libertà c di quella prosperità che cercherebbesi di ottenere. E l’attuazione del sistema federativo ha trovato un nuovo campione di gran rinomanza nel celebre padre Ventura, il quale vi consacra un capitolo nell’opera sua recente sul potere pubblico.1

Se dunque il solo federalismo ci sembra riunire gli estremi di una qualche probabilità di attuazione, egli è, come dicemmo, perchè lasciando al lor posto i sovrani che già vi si trovano, e fra questi in primissimo luogo il pontefice, eliminando la probabilità di guerre fratricide, di distruzioni, di defezioni di soldatesche e di cospirazioni sleali, il buon diritto dei governanti e la pace dei governati sarebbero rispettati ed incolumi.

Laddove, volendo ottenere questa unione coi due sistemi o della unità repubblicana o di quella monarchica, la quale, a giudicare dal vento che spira, essere non potrebbe che l’assorbimento piemontese, è chiaro che converrebbe fare man bassa di tutte le legittimità, distruggere tutte le armate, soffocare le simpatie, affogare le predilezioni municipali, violentar le coscienze, c tutto manomettere fino al punto di fare dell’Italia un vasto campo di battaglia. E questo campo di battaglia noi lo intendiamo sia uelPordine materiale, sia nel morale, ravvivando le gelosie e le scissure del medio evo, non che gli orrori tutti de’ tempi barbari.


  1. Vedi padre Ventura, Essai sur le pouvoir public ec. cap. 72, pag. 613, opera pubblicata nel 1859 in Parigi.