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A questa protesta tenne dietro quasi immediatamente la nota del cardinale Antonelli pro-segretario di stato, per richiedere formalmente l’intervento alle potenze cattoliche. Siccome però questo atto fu emanato il giorno 18, ne parleremo nel capitolo seguente, ove tratteremo delle cose occorse nella seconda quindicina di febbraio.

Questo per ciò che riguarda le cose temporali. Quanto alle spirituali il 2 di febbraio, come già abbiamo accennato più sopra, il Santo Padre diresse a tutti i patriarchi, primati, arcivescovi e vescovi dell’orbe cattolico la enciclica che comincia: Ubi primum nullis certe nostris meritis, colla quale invitavali ad ordinare pubbliche preci per implorare da Dio i lumi necessari nella quistione dell’immacolata concezione che veniva sottoposta ad esame.1

Ritornando ora alle cose romane dobbiamo dire alcunché sulle pratiche fra il governo piemontese e quello di Roma, onde spargere nuova luce circa le mire d’ingrandimento o circa le apparenze di supremazia cui aspirava il Piemonte sulle cose italiane.

Dicemmo nel capitolo precedente quali fossero le profferte piemontesi al governo provvisorio di Roma per aiutarlo a ricondurre sul trono il papa, tenendolo fermo nei costituzionali principi, e ristabilendo l’ordine turbato dall’esorbitanze de’ repubblicani; e non tacemmo le ire che risvegliò in quel partito una proposizione siffatta. Aggiungemmo anzi che servì di sprone ad affrettare la proclamazione della repubblica»

Eguali profferte venivano indirizzate al papa in Gaeta per mezzo del conte Martini di recente colà giunto, e dopo qualche esitazione riconosciuto officialmente nella sua rappresentanza di ambasciatore del Piemonte. E il Gioberti ch’era l’organo principale di quel reame, non limitavasi a far pratiche con Roma e con Gaeta, ma inviava offici anche alle potenze estere per attraversare que’ prov-

  1. Vedila nel volume intitolato Pii IX pontificis maximi Acta, parte prima, pag. 162. — Vedi Moroni, Dizionario ec., vol. LIII, pag. 207.