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Galvagni inibiva il 19 a tutti i cittadini la uscita dalla città, meno che ai campagnuoli, agl’incaricati per l’approvigionamento, ed a chi erasi munito di un regolare e speciale permesso.1

Del progetto di convenzione che fra il Lesseps e le autorità romane infruttuosamente venne proposto il 19, avendo parlato distesamente nel capitolo precedente, rimandiamo al medesimo i nostri lettori.

Procuravasi intanto con turpe consiglio di demoralizzare sempre più le masse popolari col produrre al pubblico riprovevoli sceniche rappresentazioni. E difatti al mausoleo di Augusto davasi un dramma intitolato Il bastardo di Clemente VII ossia frate Lionardo Domenicano alla corte di Toscana.

Figuravano nella 1.° parte le monache di san Domenico.
»     2.° la maschera e il bargello.
»     3.° Michele del Tavolaccino.
»     4.° il frate alla forca.
»     5.° la morte del bastardo.2

Qualche giorno dopo davasi nello stesso anfiteatro una produzione che aveva per titolo Le monache alla festa di ballo.3

Fra gli aneddoti storici crediamo dover memorare una certa lettera che il famoso padre Ventura scrisse nel maggio 1849 da Civitavecchia, ov’era rifugiato, e che il Monitore del 19 pubblicò in parte nelle sue colonne. La celebrità del dotto scrittore ci obbliga a farne menzione stante l’effetto che cagionò sulle masse avide in quel momento soprattutto di leggere gli scritti del frate liberale. Del resto che la lettera fosse pubblicata è storia; che il padre Ventura poi la scrivesse realmente così, nol crediamo. Crediamo anzi che vi si fossero interpolate delle espressioni che facevan comodo, e che il Ventura ne’ suoi

  1. Vedi Monitore, pag. 477.
  2. Vedi Documenti, vol. IX, n. 69.
  3. Vedi detti, n. 81 A.