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ganni che ordivansi alle disgraziate popolazioni, ci è forza di metterli sotto gli occhi dei nostri lettori, perchè sugli nomini, sulle cose, e sui tempi di allora, possan portare adequati giudizi.

Un altro proclama pertanto ci viene somministrato fra quelli che in quel tempo pubblicaronsi. In esso dicevasi fra le altre cose: «Che aspettiamo più? quale altra vergogna dobbiamo soffrire da questo scellerato Governo?.... Ferdinando... ha condotti i suoi soldati nello stato romano: ma Dio l’ha punito.... Roma ha vinto: Bologna ha fatto un macello di Tedeschi: gli Ungheresi hanno distrutto l’impero d’Austria e stanno per venire in Italia. E noi che aspettiamo più?

» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

» Il tempo è giunto, prendiamo le armi. All’armi, o Abruzzesi, unitevi al valoroso Garibaldi che vi chiama: all’armi, o Pugliesi, o Sanniti, o popoli ec.»

Siccome il Garibaldi portossi precipitosamente nel regno di Napoli per la via degli Abruzzi, è chiaro che questo proclama fu da lui scritto e divulgato in quella occasione.1

La escursione garibaldiana però non sortì un buon effetto, perchè l’eroe di Montevidco alle 11 antimeridiane del giorno 31 maggio si restituì in Roma, e poco o nulla ai parlò della sua spedizione ne’ giornali.2

Agli offici diretti, per noi rammemorati più sopra, dei repubblicani a fine di propiziarsi vie maggiormente la benevolenza e l’appoggio di lord Paimerston e consorti in Londra, e dei Montagnardi in Parigi, voglionsi aggiungere taluni sotterfugi diplomatici, o falsità manifeste, cui per ingannare la opinione pubblica in quelle potentissime regioni che nomansi Francia e Inghilterra, si ebbe ricorso. Era ciò di grave momento pei repubblicani romani, in quanto che ritenevasi le lor sorti essere in balia di quelle regioni che,

  1. Vedi Documenti, vol. IX, n. 86.
  2. Vedi Speranza dell’epoca del 31 maggio.