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quasi tutte nella parte centrale della città, e precisamente nella direzione di sant’Ignazio, piazza di Venezia, sant’Andrea della Valle, Argentina, Piè di Marmo, e ne’ luoghi adiacenti. Osservavansi la sera tranquillamente le granate che scaturivano dal Gianicolo, e se ne accompagnava coll’occhio la lenta parabola, come si osserverebbe un fuoco di artificio. Non s’inteser grida e non nacque in città scompiglio veruno. Pochissimi furono i danni, e poco o nulla memorati; cosicché andato a vuoto il progetto de’ Francesi, rimase incontrastata la signoria della città ai repubblicani che avevan saputo ghermirla.

Abbiamo narrato le operazioni di guerra dal 1° al 22 di giugno, nel qual giorno fu a tutti palese che i Francesi erano non solo entrati per le brecce, ma che entrativi una volta, occorreva rassegnarsi a lasciarveli e farveli fortificare, e rinunziare all’idea di poterneli sloggiare. Ciò si pensava dagli assennati, ma non si osava dirlo; gli esagerati in vece ne preconizzavano l’esterminio. I primi soli però ebber ragione.

Ripiegandoci ora al principio del mese rammenteremo come in seguito della partenza del ministro dell’interno Rusconi per l’Inghilterra (la infruttuosa missione dei quale raccontammo nel capitolo precedente) venne nominato a quell’ufficio l’ex preside di Ferrara Carlo Mayr.1

Enumereremo quindi tutte insieme le disposizioni governative che in detti 22 giorni ebber luogo, ed incominceremo da quelle che versavano su cose di amministrazione e di finanza.

Il giorno 2 ordinavasi dalla commissione di finanza che i censi e canoni soliti pagarsi nella Camera dei tributi si dovesser versare nella depositeria generale. Quanto alle provincie occupate interdicevasi di pagare i censi e canoni nelle casse locali, dovendosi anche questi indeclinabilmente versare nella depositeria di Roma.2


  1. Vedi l’Indicatore del 2 giugno 1849.
  2. Vedi il Monitore, pag. 537.