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del Popolo. Un’ora avanti l’attacco di fatto incominciarono i cannoni a lanciar proiettili che penetravano nella città nella direzione del Corso ch’è l’arteria principale della Roma moderna.

Destati ed esterrefatti i cittadini dal tremendo tonar de’ cannoni che senza tregua colpiva le loro orecchie, ritennero che la pioggia di proiettili (pioggia non benefica al certo) fosse un formale bombardamento. Ratti que’ pochi ch’eran nelle strade dieronsi alla fuga, ma i più, vestitisi in fretta o alla meglio copertisi, nei più reconditi luoghi si rifugiarono. Ciò avvenne specialmente in quel quartiere che nomasi Campo Marzo e che è più vicino ai monti Parioli d’onde partiva quella grandine di proiettili.

Parole d’ira uscivano in quei momenti dalle bocche indignate dei cittadini. Molte imprecazioni udivansi che non solo al generale e alla francese nazione s’indirizzavano, ma sì bene a chi faceva gli onori di Gaeta. Tristi momenti son quelli ne’ quali la passione copre d’un velo gli umani giudizi, talché al retto s’impreca, al disonesto e all’ingiusto s’inneggia. Non una sola voce in momenti siffatti tu ascolti che alla verità renda omaggio. Il delitto allora è virtù cittadina; la giustizia ed il diritto vengon derisi o capovolti; e la confusione, invidiosa del bene, passeggia trionfante e compiacentesi sulle infrante rovine del senso morale.

Cessò alle tre il creduto bombardamento, sicché durò poco men che due ore: ma furon quelle due lunghe ore di spavento e di agonia nelle quali tumultuariamente ricovraronsi ne’ sotteranei delle case, nelle stalle, e perfin nelle grotte in un confusi coi padroni i servi, co’ magnati i privati, e con loro anche taluni dell’infima plebe. Cessato però il fuoco, cessò quell’ansia affannosa. I più timidi fecero capolino, altri più coraggiosi uscirono all’aperto, e quindi preser tutti animo ritornando nelle lor case d’onde il timore gli aveva discacciati.

Dal lato opposto, in quella stessa notte, i cannoni di marina francesi ch’erano sull’altura al nord della basilica