Pagina:Storia della rivoluzione di Roma (vol. III).djvu/688

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non suo, del suo partito evideutissimamente. Parve gittato là fra le masse siccome il testamento politico del grande agitatore, ed il canone della condotta da seguirsi dai Romani durante la occupazione francese.

Esso diceva così:


«Al popolo romano.


» La sciagura si è aggravata novamente su noi, o fratelli. Ma è prova di breve durata; è pietra di sepolcro la quale gitteremo via dopo tre giorni, sorgendone vittoriosi e rifatti nazione immortale. Poiché con noi sta Dio e la Giustizia — Dio e la Giustizia che non muoiono mai e trionfano sempre: al contrario dei re e dei papi che morti una volta, non risorgono più.

» Intanto come foste grandi nei dì del combattimento dovete esserlo nei dì del dolore: — grandi di contegno civile, di sprezzo generoso, di sublime silenzio. Il silenzio è l’arma colla quale abbiamo a dare l’ultima sconfitta ai Cosacchi di Francia ed ai preti loro padroni, se mai ardissero ricomparire per breve tra noi.

» Per le vie non degnateli di uno sguardo: rispondete loro col silenzio se vi volgessero la parola.

» Nei caffè, nelle trattorie sorgete e allontanatevi alla loro comparsa.

» Le vostre finestre si chiudano sempre sul loro passaggio.

» Le loro feste, le loro parate non vi abbiano mai spettatori.

» L’armonia delle loro bande musicali sia pei vostri orecchi suono di schiavi; e fuggitelo.

» Il soldato liberticida sia condannato allisolamento: sconti nella solitudine e nello sprezzo il delitto di aver servito ai preti ed ai re.

» E voi donne romane — sublime fattura della mano di Dio — non abbiate un guardo, un sorriso mai per questi