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LIBRO VIII 153

Baldi, era incontrato dal marchese Zapparelli d’Azeglio, che spedito dal re, lo pregava a non volere abbandonar la Liguria, senza aver prima visitata la capitale del regno. Secondò Pio VII i desideri del monarca sabaudo, e quantunque desideroso di affrettare il viaggio per evitare i calori dell’estate sempre ad esso dannosi, si diresse ad Alessandria e lasciò la via di Voghera1. Giungeva a Torino la notte del venti: trovò a breve distanza dalla capitale Vittorio Emmanuele che ne attendeva l'arrivo. Fu commovente l'incentro: invitato, entrò il re nella carrozza del papa e in compagnia dell’ospite augusto proseguì il viaggio lungo una strada vagamente illuminata con lampioni appesi agli alberi, che la fiancheggiavano. Nuovo spettacolo preparavasi nella città. Le piazze, le vie splendidamente illuminate, rigurgitavano di curiosi: la cavalleria, la fanteria che guardava la piazza e le simetriche strade, presentando le armi, rendeano gli onori militari al vicario di Cristo accolto nella corte di un principe che sulla sommità delle alpi veglia alla tutela e alla sicurezza d’Italia. Il suono delle campane, lo strepito delle artiglierie, l'affollarsi del popolo nelle ore di una notte rischiarata da tante faci resero commovente il ricevimento del papa nella capitale piemontese. Questo giubilo diffondevasi, procedea, giungeva sino al reale palagio, ove Carlo Alberto principe di Carignano, attendeva sull'atrio gli augusti personaggi per aprire lo sportello della carrozza e far discender da quella il pontefice e il re. Tutti gli ordini dello stato, nelle splendide loro uniformi, aggiravansi per gli appartamenti reali a corteggio del santo padre: eranvi i grandi della corona,

  1. Prendea riposo nella villa dei Lomellini, ove il conte Mario al pontefice e alla corte offrì lautissimo pranzo. Qui si congedò dal cardinale arcivescovo di Genova, che lo avea seguito sino al confine della diocesi: lasciò all’arbitrio dei prelati la scelta o di seguirlo a Torino , o di attenderlo a Modena. Per dare un attestato di affetto alla corte austriaca inviò a Milano il cardinal Litta, incaricato di ossequiare a suo nome l'arciduca d'Austria che tenea il governo di Lombardia.