Pagina:Storia delle arti del disegno.djvu/130

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24 O r i g i n e   d e l l e   A r t i

il quale in vece di rendere le greche parole τορεύματα ὀστράκινα con dire testacea opera, scriver dovea anaglypha figulina; poichè τορεύματα, siccome in appresso più chiaramente dimostrerò1, significa bassi-rilievi. Sanno gli amatori quanto anche oggidì abbiansi in pregio quelle opere in argilla; e tener si può come regola generale, che non trovasi nulla di cattivo in questa specie di lavori, la qual cosa de’ bassi-rilievi in marmo non si può sì francamente asserire.

§. 6. Veggonsi alcuni de’ più bei lavori antichi in argilla nella magnifica villa del signor cardinal Alessandro Albani. Havvi tra gli altri un Argo che lavora alla nave degli Argonauti: presso a lui v’è una figura d’uomo, probabilmente Tifi, che fu di quella nave il piloto, e Minerva che lega la vela all’antenna. Se ne può vedere la figura al frontispizio del primo volume de’ miei Monumenti Antichi ec. Questo pezzo è accompagnato da due altri che ne erano parte, e da alcuni altri pezzetti, che probabilmente appartennero ad un basso-rilievo trovato nelle mura d’una vigna fuori di Porta latina, ove in luogo di mattoni era stato adoperato.

§. 7. Questi bassi-rilievi hanno d’ordinario più di tre palmi per ogni verso, simili presso a poco a quelle larghe tavole di terra cotta, impropriamente chiamate mattoni, che per lo più adoperavansi nelle arcate; e sì gli uni che le altre sono cotte per modo, che percosse rendono un suono chiaro, nè dell’umidità si risentono, nè del caldo, nè del freddo2. L’argilla non solo serviva di materia pei bassi-rilievi, e per le


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  1. Lib. VII. cap. I. §. 5. Tomo iI.
  2. Il basso-rilievo posseduto dal sig. abate Visconti, del quale si è fatta menzione sopra alla p. 22., è largo e lungo circa un palmo e un terzo. Di questi altri lavori di creta, che si dicono tavoloni, e sono specie di mattoni, ne parla Plinio lib. 35. cap. 14. sect. 49., dicendo che i Greci li facevano anche di 4. e di 5. palmi in largo e in lungo, chiamati perciò tetradoron, e pentadoron, e si usavano nelle fabbriche pubbliche, e regie. Così li vediamo anche adoprati in Roma, benchè di forma minore. Hanno la più parte l’impronta, o marco dell’artista che li lavorava, o del padrone dell’officina, col nome di esso, e dei consoli di quel tempo, in cui si facevano, come è ben noto agli eruditi, e l’osservano anche il Fabretti Inscript. cap. 7. pag. 496., e il Passeri Storia dei fossili ec. Dissert. VI. §. iiI. e IV.

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