Pagina:Storia delle arti del disegno.djvu/193

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presso gli Egizj, i Fenicj, e i Persi. 87

[ Figure degli dei ...] $. 10. Trattando del disegno del nudo potremmo noi qui soggiugnere, ad istruzione di coloro che studiano le arti del disegno, quanto deve osservarsi circa i particolari atteggiamenti delle divinità egiziane e i loro attributi; ma poiché altri ne hanno già diffusamente trattato1, ci ristringeremo a far su di ciò alcune osservazioni.

[...con teste d'animali..] §. 11. Poche statue si sono conservate di quelle divinità alle quali gli Egizj davano la testa dell’animale, sotto il cui emblema le adoravano; né credo che in Roma altre ve n’abbia fuorché le seguenti. La prima vedesi nel palazzo Barberi-


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    isiaco, che non solo interveniva alle processioni, che si facevano in onore di quella dea; ma portava ancora l’immagine di Anubi, che vi si soleva portare, secondo che scrive Apulejo loc. cit. pag. 377., e che faceva tutte le fermate solite farvisi: Sacra Isidis ita celebravit, ut & Anubim portaret, & pausas ederet, o come nelle antiche lezioni, pausa sederet; e in Pescennio nigro cap. 6.: Sacris Isidis Commodus adeo deditus fuerat, ut & caput raderet, & Anubim portaret, & omnes pausas, siccome emendano i critici in vece di partes, ederet. Nel rilevare che fa Sparziano quest’ultima circostanza, mi fa credere, che forse qualche cosa particolare da rilevarsi per riguardo alla persona d’un imperatore, come se avesse portato dell’incomodo non indifferente, quale sarebbe stato quello appunto di mettersi inginocchio nella positura della statua Albana in tutte le fermate, e stare in quella incomoda positura per qualche determinato tempo. Credo pertanto, che le dette figure, che portano immagini di divinità, possano rappresentare sacerdoti, e donne iniziate, che andavano così nelle processioni, o vi stavano ferme. Arrivati al tempio i sacerdoti posavano a suo luogo i simulacri degli dei, Apulejo loc. cit. pag. 380.; e il popolo baciava i piedi della statua d'Iside posta sulli gradini, p. 381. Io non posso dubitare, che sia una pastofora la fanciulla in basalte verde, di cui riparleremo al capo V. §. 9., vestita di un abito sagro a campana lungo fino ai piedi, e coperto di geroglifici, e in atto di star ferma in piedi, e tener posata la comasia, o pasto, entro cui è l'immagine, probabilmente, di Oro, su di un listello, che serviva di manubrio, per alzarla camminando, e per posarla fermandosi. Abbiamo Apulejo loc. cit., il quale ci assicura, che nelle processioni isiache vi erano donne iniziate che portavano dei simboli; e in una iscrizione riportata dal Montfaucon Diar. Ital. c. 25. p. 391.; ma più chiaramente dal Gori Inscr. ant. in Etrur. urbib. exstantes, par. 1. p. 373. num. 128., una fanciulla alessandrina si dice Pastophoros Deæ Nilotidos Ifidis castæ; e accanto dalla parte sinistra vi si vede scolpito sul marmo il pasto, simile presso a poco a quello di questa statua. Il più volte lodato signor abate Visconti ne ha fatto l’acquisto per il Museo Pio-Clementino; e ce ne ha favorito il disegno, che noi diamo nella Tavola VII.

  1. Tra le statue e figure egiziane molte se ne scorgono espresse in istrane maniere con attributi o simboli inusitati e mostruosi. Sebbene non convengano fra di loro i moderni scrittori nello spiegarle, tutti però le credono allusive a cose sacre e religiose, che i sacerdoti egiziani volessero in tal guisa tenere al volgo celate. Non solamente nelle cose spettanti alla religione pensa il signor Pluche Ist. del cielo, Tom. I. §. 8. e segg. aver que’ sacerdoti guidato il popolo con siffatti simboli, ma in quelle eziandio che riguardavano le funzioni civili, l’agricoltura, il commercio, il governo domestico, e specialmente l’escrescenza o l’abbassamento delle acque del Nilo. Il suo sistema però è più ingegnoso che verisimile. Nelle civili funzioni dovea certamente essere istruito il popolo non con oscuri simboli e astrusi emblemi, ma con regole chiare e precetti semplici: così diffatti rendeansi avvisati gli agricoltori dell’escrescenza o dell’abbaiamento del benefico fiume. Coloro che dal principe erano deputati a fame le opportune osservazioni, come ci assicura Diodoro di Sicilia lib. 1. §. 36. pag. 44., soleano spedirne per lettere l’avviso alle città e ai borghi, acciò sapesse ognuno regolarsi nella coltivazione delle terre.