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244 Storia delle Arti

gonfiato, e dalle aperte e aggrinzate narici. Sotto la fronte vedonsi colla più grande sagacità il contrasto fra ’l dolore e la resistenza quasi in un sol punto uniti: poichè, mentre il dolore solleva in alto le sovracciglia la resistenza abbassa sulla palpebra la parte carnosa che sta sovra l’occhio, cosicchè quella restane quasi interamente coperta. Poichè l’artista non poteva abbellir la natura, s’è studiato di maggiormente svilupparne gli affetti, e tutte mostrarne le forze: in quella parte eziandio, in cui pose la sede del dolore, la più gran bellezza vi ha fatto risaltare. Il lato manco, ove il serpe ha impresso il suo mortifero dente, deve per la sua prossimità al cuore dar segni d’un tormento maggiore, e tal parte diffatti può chiamarsi un prodigio dell’arte. Le sue gambe vorrebbono come sollevarsi per sottraersi a tanta pena: nessuna parte è in riposo; e i tratti dello scarpello medesimo, imitando una pelle aggricciata dal freddo e intirizzita, ne accrescono l’espressione1.


§. 14. A que-


  1. Il signor Heyne nella prima Dissertazione della seconda Parte della sua Raccolta d’Antiquaria testè pubblicata, si trattiene a lungo sul Laocoonte. Sebbene riconosca egli con Winkelmann essere stata questa statua ritrovata ne’ bagni di Tito, ora ben noti per le pubblicatene pitture, non s’accorda però con lui circa il tempo in cui è stata guasta, nè circa l’artista, che 1’ha poscia restaurata. Nega che il braccio destro del padre siavi stato rimesso dal Bernini; poichè questi nacque nel 1598., e la figura era già restaurata nel 1544., come appare dalla stampa in legno presso Marliani Urb. Roma Topogr. lib. 4. cap. 14.pag. 110. Tal opera egli scrive a fra Giovannangelo, coevo ed amico di Michelangelo creduto da alcuni il restauratore di questo gruppo per un errore nato probabilmente dalla somiglianza di nome. I figli però furono rappezzati da Agostino Cornacchini pistojese. [ Fu Baccio Bandinelli fiorentino, che prima dell’anno 1526. restaurò il braccio di Laocoonte in cera nella forma, in cui si vede al presente, come attesta il Vasari Vite de’ più eccell. pittori, ec. Tom. V. par. 5. pag. 71. nella di lui vita, ove dice, che sullo stesso modello lo imitò nella copia di tutto il gruppo, ch’egli fece in marmo per la galleria Granducale a Firenze; e tale vi si osservava, prima che nell’incendio di quella galleria nell’anno 1762. andasse in parte a male, e si può riconoscere ora dagli avanzi. Nella stessa maniera si vede anche nella stampa del Marliani, e nell’altra aggiunta alla metalloteca del Mercati, fatta circa il 1565., in quella fatta da Perret nel 1581., e in tante altre di quel secolo. Non so chi l’abbia in seguito copiato in terra corta; ma non è credibile che sia stato il Bernini, sì perchè tal lavoro materiale a lui non conveniva; e sì perchè nè il di lui figlio Domenico Bernini, nè il Baldinucci, nelle vite, che ne hanno scritte, non ne fanno parola; e dicono soltanto, il primo nel c. 2. pag. 13:., e l’altro alla pag. 72., ch’egli ammirava come il più gran capo d’opera quel gruppo, e lo studiava. Siccome Baccio fece la sua copia intiera, e intiero si vede il gruppo nella detta stampa del Marliani, e nelle altre mentovate, convien dire, che qualch’altro scultore, seppur non è stato Baccio stesso, abbia restaurati anche i figli intorno a quel tempo, o in cera, o in terra cotta, e che poi li abbia restaurati in marmo, piuttosto malamente, il Cornacchini, variando qualche cosa nel disegno. Di fra Giovannangelo Montorsoli scrive lo stesso