Pagina:Storia delle arti del disegno III.djvu/58

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somigliante lavoro nella villa Adriana a Tivoli. Aveano gli antichi fra i loro servi di quelli, che si chiamavano pavimentarj1, i quali far sapevano ogni sorte di lavori in genere di lastrico.


§. 32. La terza parte di quello capitolo, che tratta della forma degli edifizj, e delle loro differenti parti, si divide naturalmente in due punti: il primo, che concerne la forma, riguarda principalmente i tempj, i quali, tranne ben pochi, erano fra i Greci di figura quadrata, in maniera che la loro lunghezza era il doppio della larghezza: e perciò Vitruvio scrive2 che un tempio, il quale per davanti abbia cinque intercolonni, e sei colonne, debba avere il doppio di quelli intercolonni alle fiancate. Era di questa proporzione il tempio di Giove a Girgenti in Sicilia, come ho fatto vedere nelle mie Osservazioni a parte fu di esso3; poichè con una esatta misura del piano, che ha occupato, e delle sue rovine, si è trovato, che la sua larghezza era di cento sessantacinque piedi: e per conseguenza si dovrà leggere cento sessanta in Diodoro, ove parla della lunghezza di quello tempio, in vece del sessanta. La stessa proporzione si osserva nei tempj quadrati dei Romani. Un picciol tempio fabbricato di peperino presso al lago Pantano sulla strada di Tivoli a Frascati, di cui parlammo innanzi, ha sessanta palmi di lunghezza, e trenta di larghezza. Quella proporzione però sembra che non fosse ancora fissata ne’ tempi antichissimi; poichè l’antico tempio di Giove in Elide era largo novantacinque piedi, e lungo duecento trenta4: quello pure di Giove, che innalzar fece Tarquinio sul Campidoglio5, era a un di presso tanto largo quanto lungo, essendovi appena quindici piedi di differenza.


§. 33. Di


  1. Vulp. Tab. Antiat. pag. 16.
  2. lib. 2. cap. 3.
  3. Vedi qui avanti pag. 3. not. a.
  4. Paus. lib. 5. cap. 10. pag. 398. lin. 3.
  5. Dionys. Halic. Antiq. Roman. lib. 4. cap. 61. Tom. I. pag. 248. lin. 22.