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siccome dissi, eransi collegate coi Torriani a danno del Visconte, la di cui rapida fortuna e la di cui vasta ambizione facevano temere un padrone a molti piccoli Stati, i quali, in mezzo alla discordia, al disordine, alla tirannia di più padroni, avrebbero anzi dovuto desiderarne un solo, se la lusinga d’una chimerica libertà non gli avesse sedotti. Le terre del Milanese erano devastate dalle scorrerie de’ Torriani. (1299) Matteo Visconte fece radunare in Milano il consiglio generale il giorno 9 di aprile 1299. Ivi espose lo stato delle cose, le alleanze dei Torriani, i guasti cagionati dalle loro incursioni, le forze loro, le nostre, gli appoggi su i quali potevamo noi far conto; indi propose il partito se convenisse fare la guerra ovvero la pace. Detto ciò, volle abbandonare l’adunanza, affine di lasciare un’intera libertà alle opinioni di ciascuno. Con tale accorgimento Matteo si rendeva affezionata la città; credendosi libero il volgo, pago dell’apparenza e dei nomi; e credendosi considerati i pochi avveduti, per l’artificio medesimo che adoperava colui che aveva il potere nelle mani. La determinazione del consiglio fu, di confermare per altri cinque anni Matteo Visconte capitano del popolo, colla facoltà di fare la guerra o la pace a suo piacimento. Il credito di Matteo era tale, che i Veneziani e i Genovesi lo scelsero per arbitro d’una loro contestazione, ch’egli terminò; e quasi tutta la Lombardia si reggeva da lui. Alla moderazione e prudenza aggiungeva Matteo la liberalità pubblica. (1300) L’anno 1300 egli ammogliò Galeazzo, suo primogenito, con Beatrice d’Este, sorella di Azzone VIII, signore di Modena e Reggio e marchese di Ferrara. Lo sposo era più giovine della sposa. Galeazzo aveva ventitrè anni, e Beatrice trentadue. Fra le singolari pompe