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raccomandarono la loro vita a generosi cavalli, ai quali tagliarono gli usati ornamenti per renderli più veloci alla fuga; e così Francesco e Simone, figli di Guido, giunsero a ricoverarsi a Montorfano. Guido, infermo, si alzò da letto, e, sorpassando il muro del giardino, si appiattò entro un monastero di monache; d’onde poi ebbe asilo presso un antico suo amico, e potè nascondersi e passare a salvamento. Frattanto gl’Imperiali con poco stento uccisero e sbandarono quegli ammutinati. Le case de’ Torriani, bagnate di sangue e ingombrate di cadaveri, vennero esposte al saccheggio dalla licenza militare.
Mentre questa tragedia si eseguì in Milano, Matteo Visconti e Galeazzo, di lui figlio, rappresentavano due scene in luoghi distinti. Matteo aveva comandato a Galeazzo di starsene in casa sino al di lui ritorno. Ma Galeazzo, appena fu il padre uscito, si armò, si pose a cavallo e si mostrò per le strade. Matteo Visconti, poichè vide sgombrati gl’imperiali dalla sua casa, si portò disarmato dal vescovo di Trento, cancelliere imperiale, e lo pregò di volerlo presentare al re; mentre non osava di presentarglisi solo nel momento in cui poteva ogni cittadino essere sospetto. Il vescovo fu compiacente; e la spontanea presenza del Visconti, i suoi ragionamenti, la relazione dello stato in cui venne sorpreso nella sua casa, persuasero il re che Matteo fosse innocente: e tutta la trama ricadde soltanto sopra i Torriani. Probabilmente, o non vi fu intrigo dalla parte di Matteo, ovvero fu concertato dal solo Galeazzo senza saputa del padre. Nel momento poi in cui scoppiò il tumulto, facilmente Matteo avrà conosciuto come fosse stata ordita la trama. Mi piace, se posso, senza mancare