Pagina:Storia di Milano I.djvu/463

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non era facile l’introdurveli, e Luchino dal Verme vegliava intorno da ogni parte. Si cominciò a provare in Pavia la fame, e il frate scorreva per la città nel suo calessetto, gridando al popolo: ne dubitaret de victualibus, quum sciret ipse, ita enim affirmabat, per orationes... se impetraturum ut manna similis datae Moysi in deserto defluxura esset ad sufficientiam. I Pavesi alla fine, ridotti alla estremità, si diedero a Galeazzo II, al quale avevano già ubbidito; e frate Giacomo de’ Bussolari ebbe la cura di capitolare, e provvidde a tutto per la città, e nessuna condizione ricercò per se medesimo: curaverat de aliis, non autem de se ipso, prout semper allegabat praedicando. Il generale del suo Ordine pregò poscia Galeazzo II, dal quale ottenne il frate, che terminò i suoi giorni in carcere. Così Pavia ritornò in potere de’ Visconti.

Non così facile riuscì ai Visconti il riavere Bologna; chè anzi, malgrado l’ostinazione e gli sforzi di Barnabò, questi non potè, sin che visse, averla in suo dominio. Una signoria divisa, non è nel momento opportuno d’ingrandirsi. Fra Barnabò e Galeazzo II non trovavasi molta armonia; i vizi loro, la maniera di governare atrocemente, non disponevano i popoli a bramare il loro impero. I principi italiani, tanto più attivi e costanti, quanto più speravano di riuscire contro di uno Stato diviso, non risparmiarono arte e forza in ogni occasione; per modo che non v’è da maravigliarsi come sotto i due fratelli non s’ampliasse lo Stato, ma bensì come ei non cadesse in un totale discioglimento. (1360) Bologna era passata nelle mani del papa, e Barnabò vi spinse le sue armi l’anno 1360, ma senza frutto; poichè Innocenzo