Pagina:Storia di Milano I.djvu/526

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d’essere giunto il momento opportuno per liberarsi dal giogo ch’era stato aggravato da Barnabò, da Galeazzo, e recentemente dal primo duca, la dispotica dominazione de’ quali non era durata abbastanza per far dimenticare l’antica libertà; se pure è possibile che si dimentichi mai, ogniqualvolta si soffre l’abuso del potere sovrano. I Rossi fecero ribellare Parma; Ugo Cavalcabò s’impadronì di Cremona; Giorgio Benzone si fece arbitro di Crema; Brescia se la prese a reggere Giovanni Rosone; Franchino Rusca s’eresse sovrano in Como; Giovanni da Vignate si pose a signoreggiare Lodi; e frattanto i generali del morto duca, che avevano combattuto per lui, ma non sotto di lui, niente affezionati alla sua memoria, andavano saccheggiando lo Stato e occupandone le città per proprio loro conto; come fece Facino Cane, che si rese padrone di Piacenza, di Tortona, di Alessandria, di Novara e di altre terre. (1403) Le armi de’ collegati scacciarono i Visconti dalla Romagna, e così Bologna, Perugia ed Assisi vennero cedute al papa il giorno 25 agosto dell’anno 1403. Siena anch’essa scosse il giogo; e poco dopo si dovettero cedere ai Veneziani Verona, Vicenza, Feltro, Belluno e Bassano l’anno 1404; frattanto che il marchese di Monferrato s’impadroniva di Casale e di Vercelli. In tale stato erano le cose, che, due anni dopo la morte del duca Giovanni Galeazzo (due anni appena dopo la real clamide disposta, la corona e lo scettro), i suoi figli tremavano, il primo rinchiuso in Milano colla duchessa sua madre nel palazzo di corte, custodito come un ostaggio in mezzo di una città che, divisa in partiti, tumultuava ogni giorno; e l’altro appiattato nel castello di Pavia e mal sicuro, perchè nella città più di lui potevano i Beccaria: ed