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di collocare sul trono o Guido duca di Toscana di lei fratello, o qualche altro di sua famiglia. Rodolfo invitato, come dissi, al soglio italico dal marchese defunto, credeva che la vedova fossegli favorevole. Essa ordiva la trama di scacciarlo; e nel mentre che l’avea adescato anche cogli amori, colle arti medesime animava molti signori potenti a secondare il disegno di lei. Il re Rodolfo stavasene a Verona, ed Ermengarda, unita ai fratelli, si impadronì di Pavia nel 925. Il re conobbe allora il disegno dell’ingannatrice donna, e si determinò a scacciarla da quella città, e, coll’aiuto dell’arcivescovo Lamberto, radunò un esercito e marciò alla volta di Pavia. Liutprando ci racconta che, in seguito d’uno scritto che la marchesa Ermengarda potè fargli giugnere, quel re furtivamente, di notte, abbandonò i suoi, e secretamente entrò come un’amante in Pavia, e si lasciò persuadere a segno ch’egli credette suoi mascherati nemici e l’arcivescovo e gli altri principi che si erano armati per lui, e che l’assistevano con buona fede. L’arcivescovo allora abbandonò quel sovrano, e propose la scelta di un nuovo re d’Italia nella persona di Ugone, conte del Delfinato e re di Provenza, al quale l’arcivescovo istesso spedì l’invito1. Lo schernito Rodolfo a stento potè uscire dal labirinto in cui la spensieratezza avevalo condotto. Si partì quindi d’Italia per raccogliere un’armata ne’ propri Stati, e con essa ritornossene, e giunse verso Ivrea; ma non trovandosi forte a segno di tentare da solo l’impresa, e conoscendo che assai importante riuscivagli il soccorso dell’arcivescovo, a lui spedì Burcardo, il più incapace signore che potesse mai

  1. Il conte Giulini, tomo II, pag. 167.