Pagina:Storia di Milano II.djvu/111

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e singolarmente pacato mai sempre, anche nelle occasioni nelle quali è più difficile il conservarsi tale. Le immagini che ci rimangono di lui, ci rappresentano appunto una fisionomia corrispondente, ed anche nel conio delle monete di allora si conosce la eleganza e maestrìa d’ogni bell’arte.

Ripigliamo il filo della storia. I Francesi, entrati nell’Italia sotto il loro re Carlo VIII, la trascorsero come un fulmine dalle Alpi sino al regno di Napoli, di cui quasi senza contrasto s’impadronirono. Nessun riguardo usarono sulle terre del duca; anzi a Pontremoli uccisero varii del paese, ed alcuni degli stipendiati del duca. Cominciò allora, ma tardi, ad accorgersi Lodovico del vortice pericoloso in cui si era voluto immergere. Il duca d’Orleans in Asti non dissimulava punto d’essere quella l’occasione opportuna per far valere le ragioni della principessa Valentina, di lui ava, sul ducato di Milano. Il re Carlo si presenta a Firenze, e senza ostacolo se gli aprono le porte. Passa a Roma; indi, in tredici giorni, scaccia da Napoli e dal regno gli Aragonesi, ai quali appena erano rimaste alcune città marittime. Questo fatto veramente memorando e romanzesco, benchè verissimo, sbigottì tutti gli Stati d’Italia. Ma il tempo lasciò loro ripigliar animo. L’armata francese insolentita per tanta fortuna, disprezzava troppo gli abitatori del paese. Non avevano limite alcuno le violenze di ogni genere. La rapina era senza nemmeno un velo di pudore. La virtù e la bellezza si credevano un prezzo giusto della conquista. Nessun asilo era sicuro contro della scostumatezza del vincitore. Il nome francese in pochi giorni divenne odioso a tutto il regno; ed il re Carlo trovossi