Pagina:Storia di Milano II.djvu/177

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una finta pernice, un fagiano, un pavone, un pesce finti, o di marzapane, o d’altra materia, dorati, inargentati, ecc., e vi furono abbondanti e deliziose pastiglie ed acque odorose. In fine della cena comparve un finto gioielliere che recava collane, braccialetti ed altri vezzi di gemme e d’oro; presentò le sue preziose merci alle damigelle, come se cercasse venderle; ed allora il Colonnese s’intromise quasi volesse rendersi mediatore dei contratti, e con generosa urbanità regalò ciascuna delle convitate senza far mostra di regalarle. Ciò veramente fu materia di non picciolo valore, e dice il Prato che venisse fatto al solo fine per potere la sua amata senza biasimo d’infamia con le proprie mani presentare. Il che dimostra quanto venissero rispettate le damigelle e il costume. Cose siffatte sembrano romanzesche; ma contemplate saggiamente dimostrano una nazione ingentilita e generosa. La mattina vegnente ciascuna delle invitate ricevette un canestro inargentato con entro la colazione. Al duca fece egli recare venticinque carichi di selvaggiume.

Poco giovava alla difesa dello Stato la scelta di un magnifico e galante generale; conveniva avere un’armata, e gli Svizzeri s’impegnarono a difenderlo colla paga di trecentomila ducati. Comparvero in Milano dodici commissari per ricevere anticipatamente la promessa paga. Il duca pubblicò una imposizione per riscuotere dai sudditi questa eccessiva tassa. Sotto il regno di Lodovico XII non s’era mai pagato, se non i tributi costituzionali. Un’arbitraria tassazione, per tal modo dispoticamente comandata, commosse gli animi de’ cittadini. L’editto si pubblicò il giorno 8 di giugno del 1515. Sembrò questa una vera oppressione. La città fece presentare le sue preghiere