Pagina:Storia di Milano II.djvu/235

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Pavia; dove, postovi l’assedio dal re, talmente erano amici e confidenti i cittadini co’ soldati, che vivevano come fratelli, s’esponevano ai pericoli, tutti indistintamente, soldati e cittadini; il denaro de’ cittadini era offerto per accontentare i soldati che non avevano paghe; i mercanti di panno vestivano i soldati, acciocchè reggessero al freddo, e vedevansi prodigi di valore e di buona armonia. La cronaca del Verri descrive un fatto in cui i soli cittadini respinsero i Francesi, i quali da Borgo Ticino per un sotterraneo erano penetrati al disopra del ponte levatoio; e, sbigottiti dalla sorpresa alcuni pochi Tedeschi che vi stavano in fazione, essendo essi fatti prigioni, i soli cittadini, diceva, si opposero, e diedero tempo al Leyva di accorrere co’ suoi, senza di che Pavia era presa. Il Tegio ci racconta che una delle più illustri matrone, Ippolita Malaspina, marchesa di Scaldasole, non si sdegnò con quelle belle e bianche mani portare le ceste piene di terra al bastione, e con parole ornate e piene di efficacia accendere li animi de cittadini e de’ soldati alla difesa. Tanto male potè fare al suo re il Lautrec, da rendere inespugnabile per l’animosità de’ cittadini una città, che ne’ combattimenti di dominazione accaduti prima e poi, non comparve mai una fortezza molto importante!

Il re da principio, profittando dell’ardore dei suoi soldati, cercò d’impadronirsi di Pavia con assalti impetuosissimi e replicati, poi, vedendosi vittoriosamente respinto e disperando di ottenere la città col mezzo, si pose a battere le mura coll’artiglieria per diroccarle ed aprirsi la strada; ma le rovine del giorno si andavano con maravigliosa avvedutezza riparando la notte dagli assediati, che, con fascine, cementi, travi, terra, riempivano