Pagina:Storia di Milano II.djvu/283

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alleggeritasi anche a tal fine con questa diminuzione. S’avanzarono verso Milano i collegati, e posero il quartiere al Paradiso, di contro a Porta Romana. Dopo tre giorni Giovanni Medici si presentò alla porta, e co’ cannoni cominciò a tentare di atterrarla e farsi adito. I Cesarei invece spalancarono la porta. Questo fatto sorprese gli aggressori, i quali, temendo insidia, non osarono di entrare; all’opposto uscirono i Cesarei e fecero piegare il Medici co’ suoi; per lo che l’indomani tornarono i collegati a scostarsi ed a ristabilire il campo a Marignano, aspettando il soccorso degli Svizzeri che stava per mandare la Francia. Sicchè l’infelice Francesco Sforza, mancando totalmente di viveri, de’ quali appena era rimasta la provvisione di un sol giorno, si trovò costretto ai 24 luglio di rendere il castello di Milano per capitolazione, salva la vita, la libertà e la roba sua e di buon numero di nobili che quivi avevano voluto correre la fortuna del loro principe. Nella capitolazione erasi convenuto che la città di Como si lasciasse allo Sforza con trentamila annui ducati, infino a che Cesare avesse conosciute e giudicate le accuse fatte alla fedeltà del duca; ma ceduto ch’ebbe il castello, se gli mancò dai Cesarei alla promessa. Il