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cato ai discendenti della principessa Valentina. Gli altri principi lo riconobbero. Gli uomini più turbolenti e sediziosi, quei che avevano tiranneggiato il popolo nel tempo dell’interregno, vennero con umanità relegati nelle città vicine.

Non voleva il nuovo duca sgomentare i sudditi, dominando sopra di essi con un potere illimitato, nè che essi lo considerassero come un dispotico conquistatore. Sarebbe stato troppo repentino il passaggio dalla licenza alla servitù, e questo violento cambiamento avrebbe potuto facilmente cagionar poi de’ pentimenti e de’ moti nel popolo; nel qual caso un principe vi perde sempre, quand’anche giunga colla forza a reprimere ed a punire. Ciò conosceva ottimamente il saggio duca; e perciò volle che alla nuova dominazione di lui servisse di base un contratto, e che i sudditi lo considerassero sovrano e non despota. Questa prudente politica diresse il solenne contratto di dedizione, celebrato il giorno 3 di marzo 1450, nella villa del conte Giovanni Corio in Vimercato, essendone rogato il notajo Damiano Marliano; in vigore del qual atto venne concordato che le gabelle sarebbero state moderate, riducendosi la macina a soldi 12, il dazio del vino a soldi 4, e stabilendosi che non s’imporrebbero in avvenire nuove gabelle, anzi si abolirebbe quella del fieno; che il nuovo duca avrebbe fatto residenza in Milano, almeno per due terze parti dell’anno; che i tribunali avrebbero sempre in Milano la loro sede; che il prezzo del sale sarebbe stato lire 3 per ogni staio; che non si sarebbe imposto verun carico straordinario, eccetto quello di somministrar carri e guastatori per gli usi militari; che il solo podestà di Milano sarebbe stato forestiere, ma tutti gli altri ufficj sarebbero confidati