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capo settimo | 161 |
sulle promesse d’uomini che del sovrano comando erano disposti a cedere solo il nome e l’apparenza, ritenendo di fatto il potere; e però non vollero impacciarsene, onde Corrado il Salico, figliuolo di Arrigo, fu nel 1026 re d’Italia e poi imperatore; e morto Corrado nel 1039, gli succedette quietamente Arrigo il Nero, principe di parti egregie, ed a lui nel 1050 Arrigo iv, ancor fanciullo, che dovea riuscire troppo dissimile dal padre, gran persecutore della Chiesa e grande oppressore dei popoli. Ma ristringiamo il nostro dire a Odelrico Manfredi ed alla contea di Torino.
I falli che dobbiamo riferir di Manfredi appartengono tutti alla storia ecclesiastica.
Accenneremo di volo le liberalità fatte al monastero di Fruttuaria, del quale fin dal 1005 Arrigo ii gli raccomandava la protezione; la fondazione del monastero di S. Giusto a Susa nel 1027; e la ricca dote al medesimo assegnata due anni dopo; i diecimila iugeri di terra di cui Manfredi colla moglie Berta e col vescovo Alrico, suo fratello, nel 1028 gratificarono un monastero di donne che avean fondato in Caramagna; i duecento iugeri donati nell’anno medesimo ai canonici della cattedrale di Torino, chiamati allora canonici del Salvatore, ai quali cedette eziandio il castello di Santena.
Parleremo invece un po’ più distesamente del monastero di S. Solutore fondato dal vescovo Gezone