Pagina:Storia di torino v1 cibrario 1846.djvu/176

Da Wikisource.
168 libro secondo

un arcivescovo; quando giunto a Torino con nobile corteggio di chierici e di vassalli, ebbe notizia d’una eresia che s’era sparsa a Monforte nelle Langhe, sede d’uomini d’illustre schiatta lombarda. Volle informarsi Eriberto della qualità delle opinioni che professavano, ed ebbe a sè uno de’ principali chia­mato Girardo, uomo di mirabile ingegno e di grande eloquenza, di franco animo e sprezzator della morte. Poiché con sagaci e minute inchieste si fu per­suaso che erano profondati negli errori de’ Manichei, che negavano l’autorità del papa, che non voleano essere colle proprie mogli veri mariti, che usavano straziare barbaramente i moribondi, affinchè termi­nando la vita fra i tormenti, schivassero le pene dell’altro mondo; mandò sue genti ad espugnar quel castello, e tutti gli abitanti, fra i quali la contessa di quel luogo, fe’ condurre a Milano, dove cercando eglino di far proseliti, e di dogmatizzare, tanti ne furono dal popolo feroce gittati sul rogo, quanti rifiutarono di rinegare le loro false dottrine.

Odelrico Manfredi, marchese di Torino, morì nel 1055, lasciando dopo di sè due femmine, Adelaide ed Immilla. Questa sposò Ottone, marchese di Suinenfurt, che fu poi duca di Svevia; ed in seconde nozze Egberto il Seniore, marchese di Brunswich. Non avendo de’ suoi matrimonii avuto prole, tornò in Piemonte, e vi morì prima del 1078. La primo­genita Adelaide, a cui era destinata la successione