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capo primo 155

avevano casa in quella città, tanto si piacque della religiosa loro vita che gli nacque gran desiderio di introdurli a Torino.

Avea già cominciato l’Albosco ad esercitar l’ufficio dell’avvocato, quando nel 1564 si dispose di lasciar il mondo e rendersi Certosino. Nell’atto di sua rinunzia, che fu a’ 7 dicembre di quell’anno, lasciò alla Compagnia una casa che aveva comprata in Torino dal senatore Agostino della Chiesa con questa condizione che, se in termine di due anni la Compagnia non potesse stabilirvi un collegio d’otto religiosi, la detta casa tornasse a suo padre. Entrato poi nella Certosa di Pavia, e sempre caldo in quel desiderio, scrivea continue lettere ad Aleramo Beccuti principal cittadino Torinese, già vecchio e senza figliuoli, affinchè destinasse ad opera sì buona una parte delle sue sostanze. Da principio il Beccuti non badava punto a quelle sollecitazioni che gli parevano forse indiscrete. Ma un giorno finalmente rileggendo una lettera dell’Albosco, si sentì commosso; ed a Nicolino Bovio, suo amicissimo, die commissione d’informarsi de’ portamenti de’ Gesuiti. Capitò allora in Torino il padre Codret, savoiardo, che gli fu dal Bosio condotto; e le sue parole e le avute informazioni il sospinsero ad assegnare sulle sue possessioni di Lucento alla Compagnia scudi trecento d’oro annui, onde avesse abilità di stabilire un collegio nella città di Torino.

Ciò fu il 2 dicembre 1566. Addì 17 dello stesso

Vol. II 20