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Pagina:Storia di torino v2 cibrario 1846.djvu/474

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470 libro terzo

che il re ne fu commosso e si dispose all’accordo.

Fu poi Tolosa fatto arcivescovo di Chieti, e nel 1605 venne a Torino in qualità di nunzio apostolico. Carlo Emmanuele i lo tenne in conto d’amico, e da’ suoi discorsi e dall’aver udito parecchie volte in duomo predicatori Teatini s’andò via via incorando d’introdurre quell’ordine nella sua capitale.

Nel 1621 ne scrisse lettere al generale dell’ordine Vincenzo Giliberti che venne per questo fine a Torino. Ma non s’avea per allora nè casa nè chiesa da cedere. I tempi eran duri, e non v’era modo di cominciar nuove fabbriche.

Vennero tuttavia due padri e due laici; Gaetano Cessa e Dionisio Dentice abitarono alcune camere vicine al duomo, dove celebravano e predicavano.

Furono poi trasferiti alla chiesa di San Paolo, ma in breve dovettero uscirne per le molestie di que’ battuti; andarono a San Michele, ma l’angustia della casa e l’aria malsana li cacciò. Passarono nel 1623 nella casa degli eredi del contadore Agostino Falletto vicino alla Trinità, dove crebbero al numero di dodici religiosi, e rimasero fino al 1634,12 nel qual anno con lettere patenti dell’ 8 d’aprile, ebbero dalla liberalità di Vittorio Amedeo i la casa attigua al palazzo del cardinal Maurizio di Savoia (ora della regina Maria Cristina), ove sollecitamente, e con danaro proprio, e con limosine raccolte, e co’ sussidii