Pagina:Storia di torino v2 cibrario 1846.djvu/594

Da Wikisource.
590 libro quinto

momento del suo felice passaggio si sentì un’occulta armonia, si vide uno splendor subitaneo; che il corpo rimase flessibile e con un odor soavissimo, e che continuò così molti anni nel sepolcro, sul quale non pochi invocavano con frutto la sua intercession presso Dio.14

Il padre Pietro d’Alcantara (della famiglia Gagna di Cherasco), nato nel 1689, vestì nel 1706 l’abito de’ Carmelitani Scalzi a Mondovì; fu a Torino agli sludii e poi a Roma nel Seminario di S. Pancrazio. Fatto il voto di rendersi missionario, partì per l’India sul finir del 1717, e tanto si segnalò colle predicazioni e coll’esempio, che nel 1728 fu fatto vescovo Arepolitano e vicario apostolico del Mogol. Morì nell’isola di Bombayna il 3 novembre del 1744.15

Cesare Giordini, torinese, chiamato in religione fra Costanzo di S. Ludovico, nato nel 1642, vestì l’abito religioso nel 1671, fu arcivescovo di Sassari nel 1727 e morì il 19 novembre 1729.

Marc’Antonio Piacentini di S. Sebastiano, nato nel 1713, prese similmente l’abito di cui parliamo a Mondovì nel 1732. Andato a Roma in S. Pancrazio fece il quinto voto di recarsi nelle missioni degli infedeli e fu inviato in Persia nel 1741, dove adoperò con tanto frutto e con tanta soddisfazione de’ suoi superiori, che Benedetto xiv lo creò vescovo di Hispahan16 nel 1751. Nate poi sedizioni in quella città corse pericolo della vita, ma egli ricusava di